Mersenne ci illustra uno strumento a corde così piccolo da stare in una tasca ed infatti, non a caso, prende da essa il proprio nome.

Il nome deriva direttamente da Poche (tasca in francese, ma in uso anche in italiano con espressioni del tipo “argent de poche“, ed è stato storpiato in Pochette.

La forma della cassa, allungata e rotondeggiante ricorda molto quella della lira grecanica, ancora in uso nel sud Italia ma l’intonazione (per quinte) e l’uso come strumento da ballo la rende più vicina ad essere imparentato con il violino. Non a caso infatti Mersenne fa seguire alle tavole sulle Pochette, quelle della famiglia dei violini

Era così sonora da essere anche chiamata “la Ouyes“, una chiara derivazione dal verbo sentire, udire e per questo, oltre che per le sue dimensioni, era lo strumento preferito per la musica da ballo, in cui suonava la melodia con piccoli accordi d’accompagnamento. Era perciò lo strumento prediletto degli insegnanti di ballo che così potevano insegnare suonando da soli, senza dover pagare dei suonatori.

Veniva tenuta bassa, sotto l’ascella, si suonava con l’archetto e non aveva tasti e quindi era di più difficile intonazione, anche data la piccolezza dello strumento. La dimensione però aiutava a far adornare lo strumento con materiali molto ricercati o forme bizzarre come questa pochette a forma di delfino.

Battista Bressano, pochette in forma di delfino, Brescia (?), fine sec. XVI – inizio sec. XVII. Bologna, Museo internazionale e biblioteca_della_musica. Foto di Paolo Monti, 1974.

Ecco una serie di danze eseguite sulla pochette

Ania Słiwa

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